Testamento olografo falso ed indegnità a succedere.

15-08-2021

Categoria: Diritto Successorio

Definizione e requisiti di validità del testamento olografo.

L'art. 587, comma I, c.c. definisce il testamento come “un atto revocabile con il quale taluno dispone, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, di tutte le proprie sostanze o di parte di esse”. Il testatore con la redazione del documento testamentario intende derogare, in tutto o in parte, alle disposizioni normative previste dalla successione legittima. Tra le due tipologie di vocazione – testamentaria e legale – sussiste un rapporto gerarchico precisato dall'art. 457, comma II, c.c., secondo cui si fa luogo alla successione legittima solo nel caso in cui manchi in tutto o in parte quella testamentaria.

Il testamento per essere valido deve rispettare dei precisi requisiti formali. Nello specifico il testamento olografo deve essere scritto, datato e sottoscritto a mano dal testatore (art. 602 c.c.). Il requisito della forma scritta autografa è inderogabile poiché la sua assenza determina la nullità del testamento ai sensi dell'art. 606, comma 1, c.c. L'indicazione della data e la sottoscrizione del testatore sono ulteriori elementi essenziali del testamento olografo. La prima rappresenta l'aspetto temporale in cui il documento è stato redatto consentendo di verificare ex post la sussistenza o meno della capacità di intendere e volere in capo al testatore. La giurisprudenza in caso di carenza di data in un testamento che contenga l'affermazione che il testatore l'ha redatto nello stesso giorno di un evento futuro incerto (nella specie, il proprio suicidio) ha previsto quale strumento di tutela degli eventuali attori l'azione di annullamento anziché quella di nullità (Cass., sez. II, 11 novembre 2015, n. 23014). La seconda, oltre ad essere una certezza circa la riferibilità del documento al testatore, rappresenta anche un elemento di paternità e responsabilità del medesimo atto, sciogliendo ogni dubbio in merito alla volontà testamentaria.

Quali strumenti per impugnare un testamento olografo falso?

Nel caso in cui si ritenga che il testamento olografo oggetto di pubblicazione possa essere stato falsificato è doveroso intraprendere un'azione giudiziaria contestando l'autenticità della scheda testamentaria. Sul punto la giurisprudenza di legittimità è sempre stata divisa tra due orientamenti contrastanti. Da un lato, il filone giurisprudenziale che riteneva sufficiente per l'attore (solitamente l'erede legittimo) disconoscere ex art. 214 c.p.c. tale scritto mentre il convenuto (ossia all'erede testamentario) dovrà proporre all'autorità giudiziaria apposita domanda di verificazione diretta ad accertare la genuinità del documento, assumendosi tutti i relativi oneri probatori (Cass. n.8272/2012; Cass. n. 2474/2005). Dall'altro, alcune decisioni indicavano quale strumento di tutela dei terzi interessati all'impugnazione del testamento la querela di falso, non ammettendo l'utilizzo del disconoscimento poiché il tale azione può essere attivata solo nei rapporti tra parti processuali e non tra soggetti terzi rispetto al documento da disconoscere (come nel caso del testamento) (Cass. 16392/2003). Le Sezioni Unite, con decisione n. 12307/2015, posero fine alla annosa querelle accogliendo una tesi risalente (Cass. n. 1545/1951) secondo cui per far valere la falsità di un testamento olografo lo strumento giuridico da azionare è rappresentato dalla proposizione di una domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura. La tesi accolta dalla Sezioni Unite rappresenta un giusto bilanciamento di esigenze probatorie tra il disconoscimento (che sarebbe risultato eccessivamente gravoso per chi intende far valere il testamento) e la querela di falso (che imporrebbe all'attore di procedere con un giudizio incidentale determinando lungaggini giudiziarie). 

Quali conseguenze per il soggetto (erede) che ha redatto il testamento olografo falso?

Nella domanda volta ad appurare in giudizio la non autenticità del testamento olografo sarà possibile proporre in subordine una specifica domanda di indegnità L'art. 463 c.c., infatti, indica una serie di casi di esclusione dalla successione derivanti soprattutto da gravi condotte (anche penali) perpetrate da parte dell'erede nei confronti del de cuius; tra queste è ricompresa anche la condotta di chi ha formato un testamento falso o ne ha fatto scientemente uso. Per quanto concerne la legittimazione attiva dell'azione di indegnità in giurisprudenza, è stato affermato che l'indegnità a succedere può essere fatta valere da chiunque vi abbia un interesse, anche non patrimoniale (T. Cagliari, 22.8.1994). I litisconsorti necessari dovranno essere tutti gli interessati alla successione: si pensi per esempio alla caducazione di un testamento olografo artefatto da parte del nominato erede universale, in questo caso, appurata l'artificiosità della scheda testamentaria, si dovrà necessariamente addivenirsi ad una successione legittima in cui tutti i chiamati dovranno essere litisconsorti necessari. In merito alla prescrizione dell'azione di indegnità la giurisprudenza a concorde nel prevedere il termine ordinario decennale di prescrizione dall'apertura della successione per eventi anteriori alla stessa, diversamente, per cause successive il termine prescrizionale decorre dalla commissione delle condotte sanzionate dall'art. 468 c.c. L’esito al quale tende l’azione è il rilascio dell’eredità acquistata dall’indegno; essa comporta, inoltre, l’obbligo di restituzione dei frutti, giusta l’art. 464 c.c. Si reputa che l’indegno abbia anche diritto al rimborso delle spese e all’indennità dei miglioramenti, nonché al rimborso delle passività eventualmente pagate nell’assunta qualità di erede (AZZARITI). Nel caso di morte dell'indegno anche il di lui erede sarà soggetto alla medesima disciplina poiché anch’egli possessore di mala fede, in quanto continuatore del possesso del de cuius, ai sensi dell’art. 1146 c.c. (AZZARITI, Le successioni e le donazioni. Libro secondo del Codice civile, Napoli, 1990, 47); per altri autori gli eredi dell’indegno dovranno considerarsi possessori in buna o mala fede, a seconda che siano a conoscenza o meno dell’indegnità del loro autore (FERRI, Successioni in generale, 3ª ed., in Comm. Scialoja, Branca, sub artt. 456-511, Bologna-Roma, 1997, 205). Infine, con riferimento agli atti di disposizione dei diritti ereditari compiuti dall’indegno prima della dichiarazione giudiziale di indegnità, si ritiene che l’indegnità non cagioni la caducazione solo degli acquisti fatti dai terzi in buona fede ed a titolo oneroso, ai sensi dell’art. 534 c.c., sempre salvi gli effetti della trascrizione per ciò che concerne gli immobili ed i mobili nei pubblici registri (MONOSI, L’indegnità a succedere, in RESCIGNO (a cura di), Successioni e donazioni, Padova, 1994, 152); altri rilevano la nullità degli acquisti compiuti posteriormente alla dichiarazione giudiziale di indegnità (AZZARITI, 48).