Mantenimento e donazioni ricevute dal coniuge percettore

03-07-2025

Categoria: Diritto di famiglia

Nel contesto delle obbligazioni alimentari tra coniugi a seguito di separazione o divorzio, la determinazione dell’assegno di mantenimento o divorzile rappresenta uno dei nodi più complessi e frequentemente oggetto di contenzioso. Un aspetto che assume crescente rilievo nella giurisprudenza di legittimità è quello della considerazione delle elargizioni ricevute in vita dal coniuge beneficiario dell’assegno, in particolare se trattasi di liberalità provenienti da terzi (spesso familiari) come donazioni immobiliari o trasferimenti patrimoniali.

Il principio della autosufficienza economica

In base ai criteri elaborati dalla giurisprudenza, l’assegno divorzile assolve a una duplice funzione: assistenziale e perequativo-compensativa. Ne consegue che, per valutare l’an debeatur e il quantum dell’assegno, occorre tenere conto dell’indipendenza o autosufficienza economica del richiedente, nonché del contributo fornito durante la vita coniugale e degli eventuali sacrifici professionali compiuti in funzione della famiglia.

La Corte di Cassazione civile, sez. I, con l’ordinanza 10 febbraio 2025 n. 3355, ha ribadito che l’esame comparativo delle condizioni economico-patrimoniali dei coniugi deve essere condotto in modo sostanziale, considerando tutte le fonti di reddito e gli elementi patrimoniali stabili, nonché la capacità lavorativa residua del richiedente, pur in chiave concreta.

Elargizioni liberali e rilevanza nella quantificazione dell’assegno

Un importante sviluppo in materia è dato dalla recentissima ordinanza n. 17037 del 25 giugno 2025 della Corte di Cassazione, Sez. I civ., che affronta la questione della rilevanza delle elargizioni liberali ricevute dal coniuge beneficiario o, specularmente, da quello onerato.

In essa si afferma il principio secondo cui le elargizioni liberali di terzi, come donazioni immobiliari, non sono automaticamente rilevanti ai fini della determinazione dell’assegno, salvo che esse comportino un effettivo e stabile incremento del patrimonio del beneficiario, tale da incidere sulla sua situazione economica in modo concreto e durevole.

Questo orientamento si inserisce nel solco già tracciato da Cass. n. 10380/2012, secondo cui occorre distinguere tra liberalità meramente occasionali – quindi irrilevanti – e apporti idonei a modificare in modo strutturale la condizione economica del soggetto.

Nel medesimo filone interpretativo si colloca la Cass., Sez. I, Ord. n. 17805 del 21 giugno 2023, la quale ha sottolineato come, nel procedimento di determinazione dell’assegno, debba tenersi conto solo delle risorse economiche stabili e non di eventuali contribuzioni saltuarie o aleatorie, anche se significative sotto il profilo quantitativo. La Corte, richiamando i principi di effettività e continuità della capacità reddituale, ha chiarito che l’eventuale percezione di sostegni da parte di terzi non configura, di per sé, una condizione di autosufficienza economica, se non accompagnata da elementi oggettivi di stabilità e durata.

Questa pronuncia rafforza l’orientamento secondo cui il giudice deve valorizzare la componente strutturale e non meramente transitoria del patrimonio o del reddito del coniuge, evitando automatismi che finirebbero per svuotare di contenuto la tutela riconosciuta dall’assegno in funzione riequilibratrice.

Criteri di valutazione e onere della prova

La giurisprudenza richiede che l’incidenza patrimoniale della liberalità sia dimostrata con precisione, non potendo prescindere da un’analisi concreta e attuale. Non è sufficiente la mera esistenza dell’elargizione, ma è necessario dimostrare che essa abbia inciso in modo significativo sulla capacità economica del coniuge. L’onere della prova grava sul coniuge che intende far valere l’effetto patrimoniale dell’elargizione al fine di escludere o ridurre l’assegno.

Inoltre, la data dell’elargizione assume rilievo, specialmente in rapporto alla data della cessazione della convivenza coniugale, in quanto rilevano solo gli apporti che consolidano la situazione economica del beneficiario nel periodo rilevante per la determinazione dell’assegno.

Conclusioni

Le elargizioni liberali ricevute in vita dal coniuge percettore dell’assegno non possono essere automaticamente incluse nel computo del reddito utile ai fini della quantificazione dell’obbligo. Tuttavia, se esse determinano un arricchimento patrimoniale stabile e strutturale, sono suscettibili di incidere sul diritto al mantenimento o sulla sua misura.

Pertanto, nella prassi forense, è essenziale che l’avvocato valuti con attenzione la natura, la consistenza e la finalità delle elargizioni ricevute dal coniuge beneficiario, onde proporre (o resistere a) eventuali istanze di revisione o esclusione dell’assegno, sulla base di criteri giurisprudenziali consolidati e attuali.

 

(Il presente articolo potrebbe essere redatto anche con ausilio di intelligenza artificiale generativa)