Impugnazione del testamento per esclusione dei legittimari (figli, coniuge, genitori)

24-02-2025

Categoria: Diritto Successorio

L'esclusione di un legittimario dal testamento può avere rilevanti conseguenze giuridiche e familiari. I legittimari sono i parenti stretti, come il coniuge, i figli e talvolta i genitori, che per legge hanno diritto a una quota dell'eredità, anche contro la volontà del testatore.

La loro quota, definita "quota di legittima", rappresenta una protezione contro disposizioni testamentarie o donative (sia dirette che indirette) che possano ledere i diritti di chi è considerato destinatario di una protezione familiare.

Quando un legittimario viene escluso dal testamento, questo non implica automaticamente la perdita del diritto alla quota di legittima, ma il legittimario può decidere di contestare il testamento, chiedendo la sua "integrazione".

In altre parole, può agire legalmente mediante impugnazione del testamento per ottenere una parte dell'eredità che gli spetta per legge, anche se il testatore ha espresso il desiderio di assegnare tale porzione ad altri sia parenti che soggetti terzi.

La contestazione può essere presentata mediante un'azione legale entro dieci anni dalla data dell'apertura della successione.

Le conseguenze dell'esclusione possono essere anche emotive e familiari. In alcuni casi, infatti, la decisione di escludere un legittimario dal testamento può innescare una causa legale, con conseguenti costi legali tra gli eredi.

Inoltre, l'esclusione del legittimario non sempre risulta valida, specialmente se il testatore non ha motivato adeguatamente la decisione. La legge italiana consente che un legittimario possa essere escluso in particolari circostanze, come la condotta indegna di cui all’art. 463 c.c., ma tali motivazioni devono essere verificate nel corso di un eventuale contenzioso.

La mancanza di motivazione adeguata potrebbe determinare l'integrazione della quota di legittima, a favore del legittimario escluso.

Per tutelare i propri diritti successori il legittimario escluso (o pretermesso) può esercitare l’azione di riduzione ai sensi degli artt. 553 e s.s. c.c.; trattasi di un'azione legale prevista dall'ordinamento giuridico che consente ai legittimari (cioè i parenti stretti che hanno diritto alla quota di legittima) di chiedere la riduzione di una disposizione testamentaria che lesioni tale diritto. In pratica, se un testatore ha escluso o ha dato una parte troppo esigua dell'eredità ai legittimari, questi ultimi possono ricorrere all'azione di riduzione per ottenere la quota che spetta loro per legge.

Questa azione può riguardare:

1.     Testamento: se il testatore ha redatto un testamento che esclude o riduce la quota spettante ai legittimari.

2.     Donazioni: se durante la sua vita il testatore ha fatto delle donazioni a terzi, le quali, sommando ai beni lasciati con il testamento, riducono la parte di eredità disponibile per i legittimari.

Per intentare l'azione di riduzione, il legittimario deve rivolgersi al tribunale e agire entro 10 anni dall'apertura della successione (cioè dalla morte del testatore). Prima di incardinare il giudizio dovrà essere effettuata la c.d. “riunione fittizia” al fine di verificare le donazioni effettuate in vita, il patrimonio residuo del de cuius al netto dei debiti ereditari; grazie a tale operazione è possibile verificare se vi sia o meno una lesione della quota di legittima del legittimario.

Le conseguenze dell'azione di riduzione possono comportare la revisione delle disposizioni testamentarie o delle donazioni, con l'eventuale reintegro della quota di legittima, che verrà sottratta a chi ha ricevuto una parte maggiore di quanto spettava ai legittimari.

In sintesi, l'azione di riduzione tutela i diritti dei legittimari, assicurando che questi non vengano privati del loro diritto di ereditare una quota minima del patrimonio del defunto, anche se il testatore aveva deciso di destinare i suoi beni diversamente.

Prima di intraprendere un’azione di riduzione e reintegrazione della quota di legittima è necessario esaminare attentamente la fattispecie al fine di evitare preclusioni che possano determinare limiti alla tutela dei propri diritti.