Il ritiro della corrispondenza del de cuius non comporta accettazione tacita di eredità.

30-08-2021

Categoria: Diritto Successorio

Il ritiro della corrispondenza del de cuius non comporta accettazione tacita di eredità – Cass. n. 5995/2020.

L'accettazione tacita di eredità rappresenta un modo di acquisto puro e semplice dell'eredità da parte del chiamato disciplinato dall'art. 476 c.c., secondo cui “l’accettazione è tacita quando il chiamato compie un atto che presuppone necessariamente la sua volontà di accettare e che non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede”. Negli anni sia la dottrina sia la giurisprudenza hanno delineato due teorie relative alla natura giuridica del comportamento concludente: - la prima tesi c.d. “soggettiva” ritiene che presupposto di una accettazione tacita sia la concreta volontà del chiamato, dovendosi accertare l'animus accipiendi (Giannattasio, Delle successioni, in Comm. cod. civ., I, 2a ed., Torino, 1978, 112); - la seconda tesi c.d. “obiettiva” pone l'attenzione non sulla volontà del chiamato ma sull'atto posto in essere dallo stesso risultando pertanto sufficiente valutare se quell'atto sia tale da implicare, per sua natura la volontà di accettare (Cass. n. 16507/2006; Cass. n. 13738/2005; Cass. n. 8123/1987).

La casistica degli atti che configurano accettazione tacita di eredità elaborata dalla giurisprudenza è assai ampia. Per esempio, si considera integrata l'accettazione tacita di eredità: la presentazione da parte del chiamato, in seguito alla denuncia di successione, della voltura catastale relativa ad immobili ricompresi nel compendio ereditario, in quanto tale adempimento catastale rileva non solo a fini tributari ma anche civilistici (Cass. n. 1438/2020); l'esperimento di azioni giudiziarie finalizzate alla rivendica o alla difesa della proprietà, o al risarcimento dei danni per la mancata disponibilità dei beni ereditari (Cass. n. 13738/2005); il conferimento di una procura per la vendita di beni ereditari (Cass. n. 20699/2017); la riscossione dei canoni di locazione di un immobile ereditario (Cass. n. 2743/2014); la voltura di una di una concessione edilizia già richiesta dal de cuius (Cass. n. 263/2013); la gestione di affari altrui concernente beni ereditari, in caso di ratifica da parte del chiamato (Cass. n. 9713/2017). Diversamente la giurisprudenza ha stabilito la non operatività dell'accettazione tacita di eredità nell'ipotesi di pagamento delle spese funerarie (Trib. Varese 31 ottobre 2011); di mera richiesta di informazioni circa l'esistenza di un testamento o di beni relitti di titolarità del de cuius (Trib. Padova 19 gennaio 2015); di richiesta di registrazione del testamento c la sua trascrizione (Cass. n. 4843/2019); di partecipazione del chiamato alla redazione dell'inventario ( Trib. Pescara 30 giugno 2016).

Di recente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 5995/2020, ha deciso un ricorso avviato da un condominio per il recupero di oneri condominiali nei confronti della figlia del precedente condomino deceduto. Secondo l'ente procedente la figlia era subentrata nella posizione giuridica del de cuius avendo la stessa posto in essere comportamenti diretti ad accettare tacitamente l'eredità (nello specifico la ricezione di comunicazioni dirette al de cuius e il pagamento di un debito ereditario). Diversamente la convenuta rilevava la carenza di legittimazione passiva in quanto non rivestiva la qualità di erede. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso non riconoscendo negli atti posti in essere dalla figlia del condomino defunto alcuna volontà di accettare l'eredità. 

La massima giuridica della sentenza in commento può essere così riassunta: “La mera ricezione di comunicazioni destinate al de cuius non costituisce un atto del chiamato all'eredita, mentre il pagamento del debito ereditario, sebbene sia un atto del chiamato, non postula necessariamente la volontà di accettare l'eredità, potendo essere compiuto anche per altre ragioni, giacché la legge ammette l'adempimento dell'obbligo del terzo di cui all'art. 1180 c.c.”.