Il recesso del socio è sempre deducibile per la S.r.l. ?

14-03-2025

Categoria: Diritto commerciale e societario

Il recesso del socio da una società a responsabilità limitata (S.r.l.) rappresenta un momento cruciale nella vita societaria, con implicazioni sia civilistiche che fiscali.

Recentemente, la Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 10815 del 22 aprile 2024, ha fornito importanti chiarimenti riguardo al trattamento fiscale delle somme corrisposte al socio recedente, influenzando significativamente la gestione fiscale delle S.r.l.

Quadro normativo del recesso nelle S.r.l.

Il diritto di recesso consente al socio di una S.r.l. di uscire dalla compagine sociale in presenza di determinate condizioni previste dalla legge o dall'atto costitutivo (o per accordo tra le parti c.d. “recesso convenzionale”). Le cause legali di recesso includono modifiche sostanziali dell'oggetto sociale, trasformazioni societarie, fusioni, scissioni, trasferimento della sede all'estero e altre situazioni che alterano significativamente la struttura o l'attività della società.

L'atto costitutivo può prevedere ulteriori cause di recesso, offrendo maggiore flessibilità ai soci.

Determinazione del valore della quota del socio recedente

Al momento del recesso, la quota del socio deve essere liquidata in base al suo valore di mercato. Questo valore può differire dal valore contabile del patrimonio netto, riflettendo l'effettivo valore economico della società al momento del recesso. La differenza tra il valore di mercato e il valore contabile può includere plusvalenze latenti, avviamento e altri elementi patrimoniali non contabilizzati.

Trattamento fiscale della differenza da recesso: l'ordinanza n. 10815/2024

La questione centrale affrontata dalla Cassazione riguarda la deducibilità fiscale, da parte della società, della differenza corrisposta al socio recedente quando il valore di liquidazione della quota supera il valore contabile.

Nell'ordinanza n. 10815 del 22 aprile 2024, la Corte ha stabilito che tale differenza non è deducibile dal reddito imponibile della società.

La Corte ha motivato questa decisione qualificando la differenza da recesso come una remunerazione anticipata di redditi futuri o di utili latenti, che rientra nella previsione di indeducibilità prevista dall'articolo 109, comma 9, lettera a), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

Nello specifico la Suprema Corte ha stabilito che la “differenza da recesso” nelle società di capitali costituendo per il socio uscente un reddito di capitale non è deducibile dal reddito d’impresa trattandosi questa somma di una remunerazione anticipata da qualificarsi come utile per la parte eccedente il prezzo di acquisto o sottoscrizione delle quote annullate (art. 47, comma 7, TUIR).

L’ordinanza conferma le posizioni dell’Agenzia delle Entrate, secondo cui la società deve attingere a riserve o capitale per liquidare il socio uscente, senza possibilità di deduzione.

In particolare la Corte riprende quanto affermato dalla Direzione Regionale delle Entrate dell’Emilia Romagna (risposta n. 11489/2007) secondo cui la somma corrisposta al socio recedente in eccedenza rispetto alla quota del patrimonio netto contabile non è deducibile, poiché il recesso riguarda la sfera patrimoniale della società.

L’operazione implica una riduzione del capitale o l’utilizzo di riserve disponibili, e in caso di insufficienza, può portare alla liquidazione della società.

Secondo il principio contabile OIC (organismo italiano di contabilità) 28, la differenza da recesso non transita nel conto economico ma incide sul patrimonio.

Tuttavia, una prassi minoritaria in passato ammetteva l’imputazione al conto economico in caso di insufficienza delle riserve. Questa decisione chiarisce definitivamente il trattamento fiscale e contabile della differenza da recesso, ribadendo che essa rientra esclusivamente nella sfera patrimoniale della società.

Implicazioni pratiche per le S.r.l.

La pronuncia della Cassazione ha rilevanti implicazioni pratiche per le S.r.l.:

1.  Pianificazione fiscale: Le società devono considerare che le somme corrisposte al socio recedente, eccedenti il valore contabile della partecipazione, non sono deducibili ai fini fiscali. Questo può influenzare la pianificazione fiscale e la gestione delle risorse finanziarie della società.

2.  Valutazione delle quote: È fondamentale effettuare una valutazione accurata e trasparente delle quote societarie, considerando sia gli aspetti patrimoniali che quelli reddituali, per determinare correttamente l'importo da corrispondere al socio recedente.

3.  Redazione dell'atto costitutivo: Le società dovrebbero prestare particolare attenzione nella redazione dell'atto costitutivo, specificando le modalità di determinazione del valore di liquidazione delle quote in caso di recesso, al fine di evitare controversie future.

Conclusioni

L'ordinanza n. 10815/2024 della Corte di Cassazione chiarisce che la differenza da recesso corrisposta al socio uscente non è deducibile dal reddito imponibile della società, in quanto rappresenta una remunerazione anticipata di redditi futuri o di utili latenti.

Questo orientamento sottolinea l'importanza per le S.r.l. di adottare una gestione attenta e consapevole delle implicazioni fiscali legate al recesso dei soci, al fine di garantire la conformità alle normative vigenti e una corretta pianificazione fiscale.