Il licenziamento individuale plurimo per giustificati motivi oggettivi (GMO)
09-11-2022
Categoria: Diritto del lavoro
Il licenziamento per giustificato motivo
oggettivo è quello determinato da ragioni inerenti all'attività produttiva,
all'organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento della stessa (ragioni,
appunto di carattere oggettivo che prescindono da inadempimenti da parte del
lavoratore di obblighi contrattuali e/o extracontrattuali) comprensive anche
dalla mera soppressione della posizione cui è addetto il lavoratore.
La prova della sussistenza
delle esigenze di carattere oggettivo poste a fondamento del licenziamento è
esclusivamente a carico del datore di lavoro.
Il datore di lavoro deve
altresì fornire la prova dell’inutilizzabilità del lavoratore in altre
mansioni, analoghe a quelle svolte in precedenza (c.d. obbligo di repêchage).
Il licenziamento
individuale plurimo è una fattispecie particolare di licenziamento per
giustificato motivo oggettivo (e
come tale, quindi, disciplinato dall’art. 3 della legge n. 604/1966)
caratterizzato dal fatto di interessare più lavoratori. Tale tipologia di
licenziamento si distingue dal licenziamento collettivo per riduzione di
personale da un punto di vista strutturale: infatti, mentre nel licenziamento
plurimo si riscontra una semplice riduzione dei posti di lavoro non correlata
alla riduzione dell’attività produttiva
(ovvero una riorganizzazione produttiva tendente ad un maggior rendimento
economico), nel licenziamento collettivo, invece, vi è un ridimensionamento
stabile dell’attività d’impresa, che si traduce in una riduzione strutturata
dell’attività economica.
Secondo la giurisprudenza il
licenziamento per ragioni oggettive può essere determinato anche dalla semplice
soppressione del posto di lavoro o del reparto a cui è adibito il lavoratore dipendente.
Detto licenziamento è legittimo se motivato dalla necessità di procedere ad una
ridistribuzione delle mansioni del dipendente tra i
colleghi di lavoro,
rispondente ad un diverso e nuovo assetto organizzativo aziendale (Cass., 16 giugno 2000, n. 8135 e Cass., 7
gennaio 2004, n. 28). Si ricorda altresì che anche
l'esternalizzazione di un reparto è ritenuta dalla giurisprudenza legittima ai
fini del licenziamento per GMO: “La citata riduzione può altresì derivare
dalla decisione, sempre nel contesto e con le finalità sopra descritte, di
terziarizzare alcune attività aziendali all’esterno.” (Cass., 13 marzo
2013, n. 6346 e Cass., 5 settembre 2008, n. 2 2535).
Si precisa che il licenziamento per giustificato motivo
oggettivo risulta legittimo:
– in caso di effettiva, e non pretestuosa, riorganizzazione
aziendale, fondata su elementi realmente esistenti al momento della
comunicazione di recesso, e non invece riguardante circostanze future e del
tutto ipotetiche (Tribunale di Bologna 2 marzo 2012, n. 8);
– in caso di osservanza
delle regole di correttezza e buona fede nella scelta del dipendente
destinatario della comunicazione di recesso (Cass., 23 ottobre 2013, n. 24037);
– quando l’esigenza di ridurre il personale non appare
meramente strumentale ad un incremento di profitto, ma è diretta unicamente a
fronteggiare situazioni sfavorevoli
non contingenti (Cass., 26
settembre 2011, n. 19616).
Criteri di scelta dei
lavoratori
Quanto ai criteri di
scelta dei lavoratori da licenziare si precisa che l'individuazione degli stessi deve essere operata nel
rispetto dei generali principi di correttezza e buona fede ( art. 1175, c.c.) e
in coerenza con i motivi posti a base del recesso. I criteri di scelta dei
lavoratori sono pertanto differenti da quelli previsti per il licenziamento
collettivo (art. 5 L. n. 223/1991), i quali secondo la giurisprudenza possono
essere applicati in via analogica per valutare la legittimità del recesso
(cfr., tra le altre Cass., 2 maggio 2006, n. 10111). Tuttavia, se la richiamata
disposizione offre uno standard idoneo a rispettare l' art. 1175 c.c., la
giurisprudenza non esclude l'utilizzabilità di altri criteri, purché non
arbitrari, ma improntati a razionalità e graduazione delle posizioni dei lavoratori interessati (cfr., Cass.,
30 agosto 2018, n. 21438; Cass., 7 dicembre 2016, n. 25192).
Sindacabilità nel merito
Il sindacato di merito del Giudice deve
limitarsi esclusivamente alla verifica circa la reale sussistenza del motivo
addotto dall'imprenditore a giustificazione del licenziamento, accertando la
sussistenza del nesso causale tra il licenziamento e le ragioni poste a base
dello stesso (cfr., tra le molte, Cass., 4 dicembre 2018, n. 31318; Cass., 11
gennaio 2013, n. 579; Cass., 23 ottobre 2013, n. 24037; Cass., 14 maggio 2012,
n. 7474 e soprattutto Cass., 7 dicembre 2016, n. 25201; Cass., 14 febbraio
2020, n. 3819), senza poter valutare le scelte organizzative, produttive,
gestionali, che competono esclusivamente al datore di lavoro quale espressione
della libertà di iniziativa economica tutelata dall' art. 41 Cost.
Procedimento
Il licenziamento
individuale plurimo per motivi oggettivi deve essere intimato per iscritto ai
lavoratori e deve seguire l'iter di seguito dettagliato:
- per le imprese con meno
di 15 dipendenti, l’atto di recesso deve essere redatto in forma scritta, con
l’indicazione dei motivi che lo hanno determinato, e deve essere consegnato e/o
trasmesso al lavoratore;
- per le imprese con più
di 15 dipendenti il datore di lavoro prima di intimare il licenziamento deve
trasmettere una comunicazione scritta all’ITL (mediante il Modulo INL 20/bis)
competente ed al lavoratore che si intende licenziare con esclusivo riferimento
ai lavoratori assunti fino al 6 marzo 2015, per i lavoratori assunti dal 7 marzo
2015 per effetto del D.Lgs. n. 23/2015, l’intimazione del licenziamento avviene
nella medesima modalità delle imprese con meno di 15 dipendenti;
- il datore di lavoro che
occupa più di 15 dipendenti prima di
procedere al licenziamento del lavoratore o plurimo individuale dei lavoratori assunti
fino al 6 marzo 2015, deve necessariamente attivare la procedura preventiva
di conciliazione: il datore di lavoro deve inviare una comunicazione all’ITL
del luogo ove il lavoratore presta la sua opera, che deve contenere la
dichiarazione che in tende procedere al licenziamento ed indicandone i motivi e
le misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore.
Qui si instaura una
sorta di attività processuale che deve concludersi entro 20 giorni.
Esito positivo: la Commissione redige
verbale di conciliazione che diventa inoppugnabile.
Esito negativo: la conciliazione
fallisce, viene redatto un verbale negativo ed il datore può comunicare il
licenziamento al lavoratore.
Il licenziamento ha effetto dal giorno della
comunicazione con cui il procedimento si è instaurato.
Dal 7 marzo 2015, per
effetto dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 23/2015, anche le aziende con
oltre 15 dipendenti possono procedere ad intimare il licenziamento senza il
passaggio preventivo in conciliazione, con riferimento ai nuovi assunti a tempo
indeterminato in regime di tutele crescenti.
Il licenziamento intimato
all’esito della procedura sopra descritta produce effetto dal giorno della
comunicazione con cui il medesimo procedimento è stato avviato, salvo
l’eventuale diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità
sostitutiva.