Fine della convivenza e restituzione delle spese sostenute

14-06-2024

Categoria: Diritto di famiglia

Nell'ordinamento giuridico italiano, l'azione di arricchimento senza causa a seguito della fine della convivenza more uxorio è una tematica di grande rilevanza e interesse per chiunque si trovi ad affrontare una situazione di “fine relazione” con il proprio partner. La disciplina relativa all'arricchimento senza causa è regolata dall'articolo 2041 c.c., il quale prevede che chiunque si arricchisca per fatto altrui, senza alcuna giustificazione, è tenuto a restituire quanto ha indebitamente percepito.

Questo principio trova particolare applicazione nei casi di convivenza more uxorio, ossia quella situazione in cui due persone vivono insieme come se fossero sposate, senza però aver contratto matrimonio. Nella prassi giuridica, si è consolidato il principio secondo il quale i conviventi more uxorio hanno diritto di chiedere il rimborso di quanto hanno versato o dato all'altro partner durante la convivenza, qualora si dimostri che tale versamento o donazione non fosse dovuto, ossia che non esistesse un obbligo giuridico alla base. In altre parole, l'azione di arricchimento senza causa può essere esperita nel momento in cui uno dei conviventi si trovi in una situazione di arricchimento ingiustificato rispetto all'altro.

In particolare, le ipotesi più comuni in cui si può verificare un arricchimento senza causa a seguito della fine della convivenza more uxorio riguardano i contributi economici versati dai conviventi per la gestione della casa comune, per l'acquisto di beni o per la realizzazione di lavori e migliorie all'immobile in cui si viveva insieme se sproporzionati rispetto alle condizioni dei conviventi come di seguito precisato. In queste situazioni, il convivente che ha versato una somma di denaro o ha prestato un servizio senza che ci fosse un obbligo giuridico alla base potrà chiedere il rimborso di quanto ha dato in eccesso rispetto alla propria quota di spese e rispetto alla propria condizione economica.

È importante sottolineare che, per poter esperire con successo l'azione di arricchimento senza causa, è necessario che si dimostri l'assenza di un obbligo preesistente alla base del versamento o della prestazione in questione. Questo significa che, ad esempio, se i conviventi avevano stabilito un accordo verbale o scritto in base al quale uno di loro avrebbe contribuito economicamente alla gestione della casa, tale contributo non potrà essere considerato un arricchimento senza causa. Sono poi escluse tutte le c.d. obbligazioni naturali (ex art. 2034 c.c.) ossia quelle assunte in costanza di convivenza in esecuzione di un dovere morale o sociale purché siano rispettati i principi di proporzionalità ed adeguatezza.

In altri termini, è possibile configurare l'ingiustizia dell'arricchimento ex art. 2041 c.c.  di un convivente in danno dell'altro solo in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dalla relazione di convivenza, il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto, e travalicanti i limiti di proporzionalità (Corte d'Appello Napoli Sez. VI Sent., 14.09.2022; Cass. civ. Sez. III Ord., 07.06.2018, n. 14732).

È importante, però, valutare attentamente la situazione specifica e ricorrere all'assistenza di un professionista del diritto per valutare l'opportunità di esperire l'azione e pianificare una strategia legale efficace.