Disinteresse del genitore nei confronti del figlio; si al risarcimento del danno.
13-08-2021
Categoria: Diritto di famiglia
Recentemente il Tribunale di Roma esaminando una domanda diretta alla dichiarazione giudiziale di paternità e conseguente risarcimento danni ha riconosciuto il risarcimento del danno al figlio abbandonato, enunciando la seguente massima: “Il disinteresse dimostrato da un genitore nei confronti di un figlio, manifestatosi per lunghi anni e connotato dalla violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione, determina un vulnus, dalle conseguenze di entità rimarchevole ed anche ineliminabili, a quei diritti che, scaturendo dal rapporto di filiazione, trovano nella Costituzione (artt. 2 e 30) e nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento un elevato grado di riconoscimento e di tutela.” (Tribunale di Roma, sez. I, sentenza 11 settembre 2020,n. 12223).
La condotta del genitore configura un danno da deprivazione genitoriale ricompreso nella più ampia categoria degli illeciti endofamiliari. Tale categoria di illeciti si è sviluppata negli anni grazie al superamento della concezione della famiglia come istituto pubblicistico dando risalto ai rapporti interpersonali tra i membri della famiglia, i quali possono essere anche contra legem, trovando disciplina specifica nel diritto di famiglia e nella Costituzione. Si ricordano a tal proposito gli artt. 147 e 148 c.c. (ossia il diritto del figlio ad essere mantenuto, istruito ed educato) garantiti a livello costituzionale dagli artt. 2 e 30 Cost. Rientrano nella categoria tutte quelle menomazioni incidenti sulla salute psico-fisica del minore lesive del proprio diritto ad essere assistiti ed educati dal genitore. Ad oggi l'illecito endofamiliare è ampiamente accolto dai giudici di merito anche alla luce di un'interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., che ammette il risarcimento dei danni di natura non patrimoniale purché sussista la violazione di un diritto costituzionalmente tutelato.
Si ricorda la decisione del 7 giugno 2000, n. 7713, nella quale la Cassazione precisò che essendo le norme costituzionali di garanzia dei diritti fondamentali della persona pienamente e direttamente, operanti anche nei rapporti tra privati, non è ipotizzabile limite alla risarcibilità della correlativa lesione, "per sé considerata" (n. 184/1986 cit.), ai sensi dell'art. 2043 c.c.: che, per tal profilo la Corte veneziana ha perciò correttamente applicato, riconoscendo all'attore il ristoro del danno (non già"morale" da illecito penale), ma da lesione in sé di suoi diritti fondamentali, in conseguenza della riferita condotta del suo genitore.” La categoria dell'illecito endofamiliare a sua volta è suddivisa in due species ossia il danno subito dal coniuge per violazione dei doveri coniugali nonché il danno patito dal figlio per violazione dei doveri del rapporto genitoriale. Con riferimento alla seconda fattispecie, oggetto del presente articolo, si deve certamente considerare quale illecito il prolungato disinteresse di un genitore nei confronti del proprio figlio, come espresso in più occasione dalla giurisprudenza: “La violazione dei doveri di mantenimento, istruzione ed educazione dei genitori verso la prole non trova sanzione solo nelle misure tipiche previste dal diritto di famiglia, potendo integrare gli estremi dell'illecito civile, ove cagioni la lesione di diritti costituzionalmente protetti; questa, pertanto, può dar logo ad un'autonoma azione volta al risarcimento dei danni non patrimoniali ai sensi dell'art. 2059 c.c. esercitabile anche nell'ambito dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità maternità.”(Cass. n. 26205/2013). Non solo il minore leso ha diritto al risarcimento del danno da deprivazione genitoriale ma anche l'altro genitore, che si è occupato negli anni del mantenimento e dell'educazione del figlio, ha diritto ad un ristoro, in via equitativa, dei danni non patrimoniali patiti. Lo stabilisce il Tribunale di Cagliari (12 febbraio 2020) secondo cui il dovere enunciato all'art. 30 Cost., relativo al mantenimento, dalla lettura del quale emergerebbe uno specifico obbligo non solo nei confronti della prole, ma anche tra i genitori medesimi, che, in quanto connesso alla procreazione, sarebbe naturalmente e strutturalmente condiviso.
Tale conclusione, sebbene innovativa, si fonda sul presupposto che dalla violazione dell'art. 30 Cost. derivi un danno non patrimoniale all'altro genitore. Tuttavia, tale impostazione, non è del tutto condivisibile, poiché parte della dottrina considererebbe il danno endofamiliare all'interno della responsabilità da contatto sociale, ossia quella tipologia di responsabilità contrattuale, che pur in assenza di un contratto, si configura da un contatto (esempio tipico la responsabilità medica), da un rapporto che si instaura tra due soggetti, ad esempio in virtù come nel caso genitoriale, di un obbligo legale. Una siffatta interpretazione potrà se accolta anche dalla giurisprudenza, semplificare l'onere probatorio del soggetto danneggiato e assicurare a quest'ultimo una tutela più incisiva. Tuttavia, ad oggi, la giurisprudenza è unanime nel riconoscere al danno endofamiliare, natura di illecito extracontrattuale (come da ultimo richiamato dalla sentenza della Cassazione del 9 marzo 2020, n. 6518), con corrispondente onere probatorio in capo al danneggiato.